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Mittwoch, 12. März 2014

Kardinal Kaspers "4 Schritte" auf dem Weg zur "Revolution"

Die 4 Schritte sind Teil des offiziell unveröffentlichten Konsistorium-Redetextes von Kardinal Kasper.
Zusammengefaßt : die Kirche muß Lehre und Tradition ändern und den Gegebenheiten der heutigen Zeit anpassen. Und zwar sowohl die Sakramentenlehre als auch die zur sakramentalen Ehe. Als gangbaren Weg zeigt der Kardinal auf die Praxis der Orientalischen Kirchen, die die Katholische unter dem Dach der Ökumene übernehmen könne.

Hier eine summarische Zusammenfassung der "4 Schritte"
1. Der erste notwendige Schritt besteht darin, wieder fähig zu werden, über die Probleme zu sprechen und einen Ausweg aus der Unbeweglichkeit einer stumm-machenden Resignation angesichts der  Fakten zu finden. Die einfache Frage, was erlaubt, was verboten ist, hilft hier nicht weiter. Die Fragen nach Ehe und Familie sind Teil des großen Zusammenhangs, in dem man sich fragt,  wie die Menschen Glück und die Fülle des Lebens finden können (.....)

2. ein zweiter Schritt muß im Inneren der Kirche stattfinden, er besteht in einer Erneuerung der spirituellen Pastoral,
der sich von schäbigen (!) legalistischen Erwägungen und einem nichtchristlichen Rigorismus verabschiedet, die den Menschen unerträgliche Gewichte auferlegen und die wir Kleriker nicht tragen wollen und auch nicht könnten. Die orientalischen Kirchen haben in ihrer oikonomia eine andere Alternative  zwischen Rigorismus und Nachlässigkeit entwickelt, die wir innerhalb der Ökumene auch übernehmen könnten. (.....)
3. Der dritte Schritt betrifft die institutionalisierte Tradition- sei es für die Lehre der sakramentalen Ehe,  sei es für die Sakramentenlehre, die beide einen gemeinsamen und öffentlichen Charakter haben und deshalb auch eine  juristsche Seite. Betrachtet man die sakramentale Ehe, die unter der Obhut der Kirche und die zivile Ehe, die unter Obhut des Staates steht, erkennt man , daß eine spirituelle und pastorale Neuorientierung nötig ist, im Sinne des Guten Hirten und des barmherzigen Samariters (.....)
4.  In einem vierten Schritt muß der Annullierungsprozess kontrovers diskutiert werden, mit besonderem Augenmerk auf die Fälle, in denen eine Annullierung der Ehe nicht in Frage kommt . Es ist keine gute neue Situation, daß schon jetzt nach einer Zeit der Reue und Busse wiederverheiratete Geschiedene von den Ortsbischöfen stillschweigend zur Kommunion zugelassen werden ( daher dann also die Forderung nach der Anpassung der Lehre an die Praxis). (.....)
Hier der Originaltext
Quelle: www.chiesa/la Repubblicca


QUATTRO PASSI
Le considerazioni presentate nel Concistoro ....



sono state precedute, già da diversi anni a questa parte, da dialoghi con pastori in cura d’anime, consulenti matrimoniali e familiari, nonché con coppie e famiglie interessate. Immediatamente dopo la relazione, tali conversazioni sono spontaneamente riprese. Soprattutto confratelli religiosi vogliono sapere, per lo più molto rapidamente, che cosa essi devono o possono fare in concreto. Queste domande sono comprensibili e giustificate. Tuttavia non ci sono ricette semplici. Tanto meno si può, nella Chiesa, imporre determinate soluzioni arbitrariamente o costruendo macchinazioni minatorie. Per arrivare a una soluzione possibilmente unanime è necessario compiere molti passi. Nelle questioni riguardanti la sessualità, il matrimonio e la famiglia, il primo passo consiste innanzitutto nel diventare di nuovo capaci di parlare e nel trovare una via d’uscita dalla immobilità di un ammutolimento rassegnato di fronte alla situazione di fatto. Il semplice chiedersi che cosa sia lecito e che cosa sia invece proibito non è qui di molto aiuto. Le questioni relative a matrimonio e famiglia — tra le quali la questione dei divorziati risposati è soltanto una, sebbene sia un problema pressante — fanno parte del grande contesto entro il quale ci si interroga su come le persone possano trovare la felicità e la pienezza della loro vita.

Di questo contesto fa parte, del tutto essenzialmente, il modo responsabile e gratificante di rapportarsi con il dono della sessualità, dono fatto e affidato dal Creatore agli esseri umani. La sessualità deve far uscire dal vicolo cieco e dalla solitudine di un individualismo autoreferenziale e condurre al tu di un’altra persona e al noi della comunità umana. L’isolamento della sessualità da tali relazioni globalmente umane e la sua riduzione a sesso non hanno portato alla liberazione tanto decantata, bensì alla sua banalizzazione e commercializzazione. La morte dell’amore erotico e l’invecchiamento della nostra società occidentale ne sono la conseguenza. Matrimonio e famiglia sono l’ultimo nido di resistenza contro una economicizzazione e tecnicizzazione della vita che tutto calcola freddamente e che tutto divora. Abbiamo tutte le ragioni di impegnarci il più possibile per matrimonio e famiglia, e soprattutto per accompagnare e incoraggiare i giovani su questa strada.

Un secondo passo, all’interno della Chiesa, consiste in una rinnovata spiritualità pastorale, che si congeda da una gretta considerazione legalista e da un rigorismo non cristiano il quale carica le persone di pesi insopportabili, che noi stessi chierici non vogliamo portare e che neppure sapremmo portare (cfr. Matteo, 23, 4). Le Chiese orientali, con il loro principio della oikonomìa, hanno sviluppato un percorso oltre l’alternativa fra rigorismo e lassismo, dal quale noi possiamo ecumenicamente imparare. In Occidente conosciamo l’epicheia, la giustizia applicata al caso singolo, che secondo Tommaso d’Aquino è la giustizia maggiore.

Nell’oikonomìa non si tratta primariamente di un principio del diritto canonico, bensì di un fondamentale atteggiamento spirituale e pastorale, il quale applica il vangelo secondo lo stile di un buon padre di famiglia, inteso come oikonómos, secondo il modello della economia divina della salvezza. Dio, nella sua economia di salvezza, ha fatto molti passi insieme con il suo popolo e nello Spirito santo ha percorso un lungo cammino con la Chiesa. Analogamente, la Chiesa deve accompagnare le persone, nel loro camminare verso il fine della vita, e dovrebbe essere qui consapevole che anche noi come pastori siamo sempre in cammino e che abbastanza spesso sbagliamo, dobbiamo cominciare di nuovo e — grazie alla misericordia di Dio, che non ha mai fine — possiamo anche sempre ricominciare.

La oikonomía non è un percorso o addirittura una via d’uscita a buon mercato. Essa fa prendere sul serio il fatto che, come Martin Lutero ha formulato proprio nella prima delle sue tesi sull’indulgenza del 1517, tutta la vita del cristiano è una penitenza, vale a dire un continuo cambiare modo di pensare e un nuovo orientamento (metánoia). Il fatto che noi spesso lo dimentichiamo e che abbiamo imperdonabilmente trascurato il sacramento della penitenza come sacramento della misericordia, è una delle più profonde ferite del cristianesimo attuale. La via penitenziale (via poenitentialis) non è perciò solo una cosa per divorziati risposati, bensì per tutti i cristiani. Solo se nella pastorale ci orientiamo di nuovo in questo modo profondo e globale, progrediremo anche nelle questioni concrete che ci stanno davanti, passo dopo passo.

Un terzo passo riguarda la traduzione istituzionale di queste considerazioni antropologiche e spirituali. Sia il sacramento del matrimonio come pure il sacramento dell’eucaristia non sono soltanto una faccenda individuale privata; essi possiedono un carattere comunitario e pubblico, e perciò una dimensione giuridica. Il matrimonio celebrato in chiesa deve essere condiviso da tutta la comunità della Chiesa, concretamente della parrocchia, e il matrimonio civile sta sotto la tutela della Costituzione e dell’ordinamento giuridico dello Stato. Considerati in questo contesto più ampio, i procedimenti canonici in questioni matrimoniali hanno bisogno di un riorientamento spirituale e pastorale. Già oggi esiste un ampio consenso sul fatto che procedimenti unilateralmente amministrativi e legali, secondo il principio del tuziorismo, non rendono giustizia alla salvezza e al bene delle persone e alla loro concreta situazione di vita, spesso molto complessa.

Questa è una perorazione non per una gestione più lassista e per una maggiore larghezza nelle dichiarazioni di nullità matrimoniale, bensì piuttosto per una semplificazione e accelerazione di questi procedimenti e soprattutto per situarli all’interno di colloqui pastorali e spirituali, nel contesto di una consulenza di genere pastorale e spirituale, nello spirito del buon pastore e del samaritano misericordioso.
Si discute in modo controverso soprattutto un quarto passo, in riferimento a situazioni in cui una dichiarazione di nullità del primo matrimonio non è possibile o, come avviene in non pochi casi, non è desiderata perché ritenuta non onesta.

La Chiesa dovrebbe incoraggiare, accompagnare e sostenere da ogni punto di vista coloro che, dopo una separazione civile, intraprendono la difficile via del restare soli.
Nuove forme di Chiese domestiche possono qui essere un grande aiuto e donare una nuova possibilità di sentirsi a casa. Il cammino per rendere possibile a divorziati che si sono risposati civilmente, in situazioni concrete e dopo un periodo di riorientamento, i sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, viene percorso in casi singoli con la tolleranza o con il tacito consenso del vescovo. Questa discrepanza tra l’ordinamento ufficiale e la tacita prassi locale non è una buona nuova situazione.

Anche se una casistica non è possibile e neppure auspicabile, dovrebbero valere ed essere pubblicamente dichiarati dei criteri vincolanti. Nella mia relazione ho cercato di farlo. Questo tentativo può ovviamente essere migliorato. Tuttavia la speranza di moltissime persone è giustificata: la speranza che il prossimo Sinodo, guidato dallo Spirito di Dio, dopo aver ponderato tutti i punti di vista, possa indicare un buon e comune cammino.


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11.3.2014 

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